Parrocchia San Lorenzo Maiorano in Cattedrale - Manfredonia
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La Storia

Antonio Ferrara

IL
DUOMO DI
MANFREDONIA
E IL
CAMPANILE
DELL'ORSINI





IL DUOMO SVEVO


Nel disegno di Re Manfredi, sembra che il primo impianto del «magnifico Duomo, compresavi un'ammirevole tribuna» fosse in prossimità del castello, dovendo, nell'idea del fondatore, essere al centro della cinta delle mura prospicienti il mare.
Su pregevole disegno architettonico, che purtroppo non conosciamo, i lavori procedevano con straordinaria alacrità a spese dell'Erario reale, quando per l'eroica morte di Manfredi a Benevento, tutte le opere iniziate subirono un arresto improvviso.
Succedeva il Re Carlo I d'Angiò, che nominava il figlio suo, di nome pure Carlo, Visitatore Generale delle Puglie.
Questi, visitando le Puglie, si portò nella nascente città e, fra l'altro, dispose la riduzione del quadrilatero di cinta delle mura; di conseguenza, l'impianto del Duomo, fissato da Manfredi, veniva a trovarsi in una posizione eccentrica, cioè nel suo angolo sud-est, rispetto al futuro abitato; e in considerazione di questo, mentre si consentì che in onore del Re Manfredi fosse completata la tribuna, del resto già in fase di avanzata costruzione, circa il Duomo fu disposto che venisse spostato in sito centrale e propriamente là dove oggi sorge.
Del «magnifico Duomo Svevo» non restano tracce e, per quanto è dato sapere, non si sono rinvenuti documenti.


IL DUOMO ANGIOINO


Carlo I d'Angiò ne decreta l'elezione a spese dell'Erario reale; la prima pietra è posta il 7 febbraio 1270, giorno dedicato a S. Lorenzo Maiorano, X Vescovo Sipontino e Patrono della città. (488-545).
Arcivescovo di Manfredonia era Giovanni VII (Freccia da Ravello), eletto dai canonici sipontini e confermato da Clemente IV nel 1265.
La costruzione fu eseguita su disegno di un ingegnere francese, della stessa Corte dei D'Angiò, a tre navate, con maestosa cupola e tribuna.
Prendendo a modello lo stile del tempo, gotico-angioino, e rispettando le dimensioni che rileviamo in palmi dallo Spinelli, da noi tradotti in metri, abbiamo tentato una ricostruzione - pianta e sezioni - dell'imponente tempio. (Grafici A, B, C)
Il Duomo era una chiesa a tipo basilicale, planimetricamente rettangolare, a tre navate. La grande navata centrale era molto più alta delle due laterali che la fiancheggiavano.
La navata centrale - lunga m.74,20, larga m.12,45, alta m.25,20 - era delimitata da due alti muri intermedi che sostenevano la copertura lignea a capriate visibili; detti muri, traforati da finestre nella parte alta, poggiavano su una serie di archi ogivali impostati su colonne. Le navate laterali - ciascuna larga m.6,10 - avevano anch'esse copertura lignea ad una falda. Nei muri perimetrali si aprivano finestre dello stesso stile, che illuminavano le navate.
In fondo era situata, al centro, la cupola a padiglione ottagonale, - diametro m.10,30, e maggiore altezza di m.23,85 costituita di otto unghie snelle, con sovrastante copertura a tetto.
Al fondo delle navate laterali si aprivano due cappellette, fiancheggianti l'abside centrale.
Nella sua visita del 1273, Carlo I si compiacque molto dell'imponenza dell'opera che stava sorgendo.
Non ci risulta quando il Duomo fu compiuto ed inaugurato. Certo è che il 30 ottobre 1327 il corpo di S. Lorenzo Maiorano, vescovo sipontino, fu trasferito da Siponto nel Duomo di Manfredonia.
Era arcivescovo di Manfredonia il Beato Pr. Matteo Orsini, domenicano, (1327-1328), il quale ottenne dal Papa Giovanni XXI che il Duomo fosse dichiarato Vicemetropolitana di S. Maria Maggiore di Siponto.
Notizie chiare e complete. successivamente sul Duomo non ne rinveniamo, ma possiamo dire che ogni Arcivescovo, durante il suo ministero, ha contribuito, in misura più o meno ampia, a renderlo più bello e funzionale per il maggiore sviluppo della fede e per il decoro della Cristianità.
Non possiamo non ricordare Bartolomeo della Cueva, uomo di grande senno, consigliere di Carlo V e del figlio Filippo II e Vicerè di Napoli dal 1558 al 1559, che tenne in amministrazione (1560-1562.) la sede sipontina. Riparò, a sue spese «oltre palazzo arcivescovile, il Duomo, modificandone l'ingresso, che fu aperto dalla parte opposta, e fissò gli stalli per i Canonici e l'altare maggiore, dove era prima il frontespizio».
Menzioniamo ancora Domenico Ginnasio, oriundo di Castel Bolognese (Ravenna), Arcivescovo di Manfredonia (1586-1607) «non pose mano al rovinato Duomo per la sua vastezza, onde insino ai nostri giorni giace nelle sue rovine. Ridusse l'altare maggiore della metropolitana al rito latino, essendo stato per 'addietro al rito greco».
Erano Sindaco Generale Pietro Quirico, regio Governatore D. Antonio Perez spagnuolo e castellano della Real Fortezza D. Ferdinando Velasco, quando con il sacco dei Turchi nell'agosto 1620, il tempio angioino andò quasi completamente distrutto.
Dell'antico Duomo si è rinvenuto un pilastro con sovrastante semplice cornice ed inizio di arcata, il tutto costituito di grossi pezzi di pietra calcarea lavorata. Tali ruderi si possono osservare in alcuni localetti ai quali si accede varcando la porticina del piccolo atrio a pianterreno, da cui ha inizio la gradinata del palazzo arcivescovile. (Tav. 1)
Probabilmente altri ruderi, e forse notevoli, potrebbero rinvenirsi procedendo ad opportuni scavi nell'area delle fondazioni. Posso aggiungere, questo l'ho rilevato da documenti inediti, che del tempio «non restano che pochi avanzi di archi gotici nelle fondamenta dell'attuale, costruito sulle rovine dal Cardinale Orsini».

IL DUOMO ODIERNO


La ricostruzione, ebbe inizio al tempo della dominazione spagnuola, nel 1624, sindaco generale di Manfredonia il Dott. Antonio Capuano. Egli convocò il Parlamento per deliberare intorno agli urgenti importanti restauri da farsi a spese delle pubbliche rendite e col ratizzo di particolari cittadini. All'uopo furono nominati deputati lo stesso sindaco ed il Dott. Dionisio Mettola che era uno dei decurioni.
Una volta eseguiti e completati detti lavori, il Duomo ricostruito rispose, nell'insieme, alle aspettative della cittadinanza e riprese la sua funzione religiosa.
Del Duomo odierno, si è disegnato schematicamente il perimetro esterno per consentire un raffronto delle due piante: del Duomo Angioino (Grafico "A") e dell'odierno, così come a noi pervenuto, (Grafico "D"): raffronto non solo della loro conformazione ma anche delle relative superfici.
Si rileva:
- lunghezza totale: Duomo Angioino m.74,20 - Duomo odierno m.54 - (m.20,20 in più rispetto all'odierno);
- larghezza totale: Duomo Angioino m.24,65 - Duomo odierno, variabile da un massimo di m.31 ad un minimo di m.16 - (tale diversa larghezza riteniamo che si possa giustificare considerando l'avvenuta costruzione in più tempi dell'adiacente episcopio).
Di quì si conclude che la superficie del Duomo Angioino mq.1829) superava quella del Duomo odierno (mq.1260) di circa mq.569.
L'Arcivescovo Orazio degli Annibali della Molara, romano, di nobile famiglia (1630-1642) vi celebrò nel maggio 1633 la festa solenne di S. Lorenzo e nel 1640 vi tenne il Sinodo diocesano.
Altro Sinodo fu celebrato nel 1644 dall'Arcivescovo Antonio Marullo (1643-1648), Patrizio palermitano e Marchese di Condagusta in Sicilia che, essendo stato della Compagnia di Gesù, portò un nuovo soffio di vita nella diocesi; dotò, fra l'altro, il Duomo di arredi e di Reliquie dei Santi, e vi promosse il culto soprattutto nelle feste più solenni.
Anche gli Arcivescovi successivi Paolo Teutonico (1649-1651), Giovanni Alfonso Puccinelli (1652-1658), Benedetto Cappelletti (1659-1675) si dedicarono a migliorare il loro Duomo con fervido amore pastorale. L'Arcivescovo Benedetto Cappelletti, devoto all'Arcangelo, contribuì, con vistosa somma, alla corona di oro e di gemme della statua di S. Michele, del valore di cinquemila ducati.
Fr. Vincenzo Maria Orsini, di nobile famiglia romana, dell'Ordine dei Domenicani, sacerdote a 22 anni, cardinale a 23, titolo presbiterale di S. Sisto, Arcivescovo di Manfredonia a 26, nei cinque anni del suo ministero (1675-1680) compì numerose opere egregie ad esaltazione della religione e della fede per cui di Lui può ben dirsi che «non vi è giorno che non un'opera nuova veda la luce del sole: non v'è opera nuova sia verso lo spirito, che verso le cose, che non tenda ad una esaltazione del sommo Creatore ».
Completò il Duomo; vi costituì la fabbriceria per la manutenzione generale della chiesa e stabilì la dotazione dei singoli altari; lo fornì di arredi, di suppellettili, di vasi sacri, riordinandovi le sacre Reliquie con un catalogo generale.
Impiantò l'Archivio della Curia Arcivescovile; ordinò le platee ossia l'inventario dei beni ecclesiastici per tutta l'Arcidiocesi; infine costruì il campanile, torre isolata che noi ammiriamo; «tolse il campanile che era all'ingresso e lo rifece dalla parte opposta della Chiesa».
L'epigrafe in latino, posta dall'Orsini nell'interno del Duomo sintetizza la storia della sua costruzione, e suona in italiano così:

D.O.M.
QUESTA BASILICA METROPOLITANA
IN ONORE DI S. LORENZO VESCOVO SIPONTINO
DA CARLO D'ANGIO' UN TEMPO ERETTA
NELL'ANNO 1620 DAI TURCHI RASA AL SUOLO
NELL'ANNO 1640 A CURA DEL POPOLO DEVOTO RICOSTRUITA
NELL'ANNO 1644 DA ANTONIO MARULLO ARCIVESCOVO
SUO PREDECESSORE BEN A RAGIONE CONSACRATA
IN ULTIMO CADENTE PER L'INGIURIA DEL TEMPO
RESTAURO'
LE PORTE IL TETTO IL PAVIMENTO TUTTI GLI ALTARI L'ORGANO
E LE CATTEDRE ARCIVESCOVILI L'UNA NEL CORO E L'ALTRA SUL PULPITO RIFECE
LE PARTI ESTERNE RICOSTRUI' DALLE FONDAMENTA ALLE PARETI DIEDE UN ASPETTO PIU' DECOROSO L'INTERNO ABBELLI'
AGGIUNGENDO ORNAMENTI INTORNO AI QUADRI E ALLE SCULTURE
A PROPRIE SPESE INSOMMA
(A SOLLIEVO QUESTA VOLTA DEL POPOLO CON LE CUI OFFERTE
SOLTANTO IL BATTISTERO E IL PULPITO FURONO COSTRUITI)
TUTTA LA CHIESA ROVINATA DALL'INGIURIA DEL TEMPO
RIPORTO' A PIU' VIVO SPLENDORE
IL 14 MARZO DELL'ANNO 1677 CON RITO SOLENNE
CONSACRO'
E STABILI' IL 27 MAGGIO COME GIORNO ANNIVERSARIO DA CELEBRARSI OGNI ANNO
FR. VINCENZO M. a ROMANO ORSINI O.P.
CARDINALE RRESBITERO S.R.E. COL TITOLO DI S. SISTO ARCIVESCOVO SIPONTINO
NELL'ANNO 1677 III DEL SUO ARCIVESCOVADO

Altra epigrafe in latino pure dell'Orsini, integra la precedente e suona così:

D.O.M.
CONDOTTA AL TERMINE QUESTA CHIESA METROPOLITANA
AFFINCHE' A SI' GRAN CORPO NON MANCASSE UN'ANIMA
OLTRE AGLI ALTRI TRE LOCALI DESTINATI A SERVIZI VARI
AGGIUNSE UNA SACRESTIA
SECONDO UN DISEGNO PIU' AMPIO E DECOROSO
E POICHE' IN QUANTO A SUPPELLETTILI
ERA RIDOTTA AD UN INDECOROSO STATO DI ABBANDONO
MENTRE SI RISERVA DI ALCUNE LACERE E CONSUNTE
E A NESSUN USO ADATTE
PER ALLEVIARE TANTA MISERIA E PROVVEDERE A TANTA NECESSITA'
DI TUTTI I PARAMENTI
SECONDO I PRESCRITTI COLORI DEI TEMPI LITURGICI
PER COMPIERE I SACRI RITI
SIA NELLE MESSE CHE IN ALTRE FUNZIONI
O PONTIFICALI O SOLENNI O PRIVATE
NONCHE' ADATTE A CIASCUN ALTARE
LA STESSA CHIESA A MO' DI SPOSA DILETTA
ORNO' ABBELLI' ARRICCHI'
FR. VINCENZO M. a ROMANO ORSINI O.P.
CARDINALE PRESBITERO S.R.E. COL TITOLO DI S. SISTO
ARCIVESCOVO SI PONTINO
NELL'ANNO 1677 III DEL SUO ARCIVESCOVADO


Queste due epigrafi del Cardinale Orsini costituiscono due punti fermi nella storia del nostro glorioso Duomo, dalla sua fondazione angioina al sacco dei Turchi ed alla sua ricostruzione, e sintetizzano la dedizione operosa dei Presuli che si sono succeduti sino al Cardinale Orsini il quale per conto suo consacrò alla sua diletta sposa tutta la sua laboriosità instancabile devota e benefica. Egli, non dimenticando la dilettissima sua Manfredonia, il 12 maggio 1707 vi ritornò per una visita e fu accolto con indicibile gaudio dalla popolazione.
«Dalla sistemazione delle sacre reliquie, solennizzatasi nel 1697, eran rimaste fuori quelle di Santa Sofia. Il motivo fu che la chiesa, rovinata dal terremoto del 1688, non era allora in condizioni di riceverle, nonostante i restauri già arrivati a buon punto. Accadde poi il terremoto del 1702. Conseguenza: altri danni, altri restauri. Questi non finirono che nel 1709.
Il 19 aprile di quell'anno, con la solita solennità, furon dunque quelle reliquie portate dal Nostro, processionalmente, per la città; mostrate al pubblico, collocate quindi nella restaurata basilica».
Il terremoto del febbraio 1731 non arrecò seri danni alla città; solo il Duomo ebbe la facciata sulla piazza principale lesionata per cui l'Arcivescovo Marco Antonio De Marco, da Otranto, (1725-1742), si impegnò perché si procedesse agli opportuni lavori di rafforzamento consistenti nella costruzione di due grandi pilastri ed una robusta muratura a scarpa ben solida.
L'Arcivescovo Tommaso Francone, napoletano, dei Principi di Ripa, (1777-1792) nel 1779 diede incarico all'ingegnere Giuseppe Gimma di compilare il progetto per un nuovo magnifico Duomo e nel contempo per il rimodernamento dell'abitazione arcivescovile, progetto che riscosse il suo pieno gradimento. La costruzione del Duomo non fu eseguita ed il disegno, sembra, sia andato smarrito.
Nel 1780, il Capitolo Sipontino con le sue rendite annue «sopravvanzanti» le spese di riparazione della chiesa, dotò il Duomo di un ricchissimo ombrello ricamato interamente in oro e rimodernò l'ostensorio di argento del Santissimo Sacramento.
Dallo stesso Arcivescovo l'altare della cappella del Sacramento fu rivestito di marmo e a tal fine furono utilizzati i marmi dell'altare maggiore che era stato costruito dall'Arcivescovo Giovanni De Lerma, da Bitonto, di famiglia ducale (1708- ... ). Vi appose lo stemma della sua famiglia e lo consacrò nel 1786 dedicandolo ai Santissimi Gaetano ed Andrea di Avellino.
L'Arcivescovo Vitangelo Salvemini di Molfetta, (1832-1854), e il Re Ferdinando II, compiangendone la morte, ricordava come uno dei più dotti ecclesiastici del suo Regno, «provvide al decoro del culto divino con l'ampliamento della Chiesa e Metropolitana, in cui fece costruire un altro altare di marmo ed eseguire non poche riparazioni, la cupola e tutti gli ornati di stucco con la spesa di oltre quattordicimila ducati: lavori che, iniziati nel 1843, durarono, per difficoltà finanziarie, più di dieci anni e che lui non vide completati».
L'Arcivescovo Vincenzo Taglialatela (1854-1869), mandava a termine i lavori della Cattedrale che riapriva al culto il 21 novembre 1855. Vi riconsacrava l'altare maggiore e gli altri quattro altari laterali di marmo, di cui due furono donati da Lui, insieme con l'attuale organo, i paramenti e gli arredi sacri.
L'Arcivescovo Pasquale Gagliardi di Tricarico (1897-1929) attese devotamente al maggiore decoro della Chiesa Metropolitana a cui apportò delle innovazioni: vi costruì, in occasione dell'Anno Santo 1900, una nuova Cappella con altare di marmo bardiglio, ornato di teste d'angeli di bronzo; dedicò a S. Giustino, I° Vescovo di Siponto, l'antico sacello della Congrega del SS. Sacramento, collocandovi il fonte battesimale; rinnovò la pavimentazione e pose nuovi confessionali e l'artistico pergamo, finemente intagliato con bassorilievi colorati.
Abbiamo brevemente accennato, per quanto ci è riuscito apprendere dalle poche opere di consultazione, alle varie alterne vicende edilizie del nostro Duomo nel corso dei secoli ed al contributo di opere egregie che i nostri Pastori vi hanno dato per renderlo sempre più grandioso.
Relativamente all'ultimo periodo, dal 1929 ad oggi, possiamo fornire più precisi ragguagli avendo vissuto di persona i lavori di restauro e di decorazione nonchè i ritocchi sostanziali operati dagli ultimi Arcivescovi Andrea Cesarano di Nocera dei Pagani (1931-1969) e Valentino Vailati di Milano (1970-1990).
Dal 1929 al 1931 tenne l'Amministrazione Apostolica di Manfredonia, Mons. Alessandro Macchi, Vescovo di Andria. Nel breve periodo molto si prodigò per la Diocesi. In applicazione del concordato tra la Santa Sede e l'Italia ottenne dal Comune di Manfredonia l'uso dell'ex monastero di S. Chiara che veniva destinato a sede del nuovo seminario diocesano in luogo del seminario Orsini.
Celebrò nel 1930, con l'intervento di Mons. Fortunato Farina, Vescovo di Foggia e Troia, un solenne Congresso catechistico in occasione del secondo centenario della morte di Benedetto XIII, la cui figura fu egregiamente illustrata con conferenze e relazioni date alle stampe.
Una lapide di marmo, che ricorda, con una breve epigrafe, la fausta cerimonia, apposta nel 1930 sulla facciata antica del Duomo prospiciente la piazza, fu successivamente traslata su quella di recente rivestita, di fronte al Campanile.
Altra lapide, apposta nell'atrio dell'Episcopio, ricorda il trasferimento, in locali più idonei, della Curia Arcivescovile.
Monsignor Macchi trasferito alla importante sede vescovile di Como, lasciò nelle due diocesi, il rimpianto vivo delle sue elette virtù di Pastore che aveva profuso con munificenza per il bene dei suoi diocesani.
Monsignor Andrea Cesarano di Amalfi (1931-1969), fu elevato alla Cattedra e fu consacrato il 15 agosto 1931 nella Basilica Cattedrale di S. Spirito a Costantinopoli.
Fece il suo solenne ingresso in Manfredonia tra l'esultanza delle Autorità e del popolo, la mattina del 20 dicembre dello stesso anno.
Limitiamo il nostro discorso alle opere promosse da lui nel Duomo, lasciando ad altri il compito di illustrare ampiamente sua proficua attività pastorale.
Dietro suo invito, il pittore milanese Natale Penati, negli anni 1940-41, procedette alla decorazione pittorica delle pareti e della volta del tempio. Per la descrizione dei dipinti si rimanda il lettore al relativo capitolo.
La imponente facciata prospiciente la Piazza Papa Giovanni XXIII, è pure dovuta al fervore operoso dello stesso Presule che affidò l'incarico dell'opera al concittadino Prof. Aronne Vecchio, residente a Roma. Anche per essa si rimanda il lettore al capitolo relativo alla sua descrizione.
Dal novembre 1967 all'aprile 1970 resse la Diocesi come Amministratore Apostolico «sede plena» Mons. Antonio Cunial, Vescovo di Lucera, trasferito poi a Vittorio Veneto.
Arcivescovo Mons. Valentino Vailati nato Milano il 30 giugno 1914. Dopo gli studi ginnasiali e liceali, frequentò la Pont. Università Gregoriana, a Roma, come alunno del Seminario Lombardo, laureandosi in sacra teologia nel 1938. Ritornato in diocesi di Tortona, durante il periodo bellico parroco di Pietrabissara e insegnante di lettere nel Seminario minore di Stazzano, dove dal 1948 al 1952 fu Rettore. Nell'ottobre del '52 venne nominato Rettore del Seminario teologico di Tortona, ave rimase sino alla nomina a Vescovo di Severo, l'8 dicembre 1960. Fu, in questi anni, insegnante di teologia dogmatica e di patrologia. Ricoprì vari incarichi culturali e di apostolato laicale e vacazionale nella sua diocesi. E' stato Amministratore Apostolico di Termoli, di Lucera e Larino.
Pubblicò un corso di teologia per i laici in quattro volumi e uno studio sulla spiritualità di S. Pier Damiani e poi del Venerabile don Giuseppe Frassinetti (Genova). Commendatore al merito della Repubblica d'Italia, dal tempo della Presidenza dell'Onorevole Antonio Segni. Il 25 maggio 1970 è stato dal S. Padre Paolo VI traslato alla sede Arcivescovile di Manfredonia, a cui è annessa l'Amministrazione perpetua di Vieste.
Fece il solenne ingresso nella nostra Città e Archidiocesi il 22 agosto 1970. Nel suo primo quinquennio d'episcopato molto ha dato del suo fervore religioso e della sua incessante attività.
Il suo stemma, che è della categoria di quelli simbolici, è il seguente:
E' diviso in due parti: la superiore è un cielo azzurro e al centro il monogramma mariano d'oro; uno scaglione d'argento sovrasta la parte inferiore, tutto un campo verde con una rosa d'oro aperta al centro. Il monogramma in campo azzurro richiama la Madonna gloriosa in cielo. La rosa d'oro simboleggia la carità. La scritta Paolina «In Christo Jesu» chiude in alto lo stemma. In basso, esso è chiuso dai quattro fiocchi per lato, indicanti la dignità arcivescovile e dal Pallio, segno della dignità di Metropolita.
Limitiamo il nostro dire al Duomo che è l'oggetto di questo lavoro. Nella descrizione dettagliata del suo interno, e per la quale rimandiamo al relativo capitolo, sono comprese anche tutte le opere di restauro fatte eseguire da Monsignor Vailati e che in particolare sono esposte nei bollettini diocesani di Manfredonia: n.211973 pagina 46 e n. 3/1974 pagina 11.


LE TRE FACCIATE


FACCIATA DELL'INGRESSO PRINCIPALE VERSO EST SU VIA ARCIVESCOVADO


La facciata, che si ricollega ai tipi secenteschi palladiani di stile classicheggiante, è costituita di due paramenti sovrapposti e di un frontone arcuato di coronamento e presenta un certo interesse storico architettonico per la sobrietà delle linee che la compongono e per l'assenza di decorazioni vistose e di nicchie. Nel paramento inferiore si apre il portale, molto lineare, con cimasa e ornie ai piedritti. Unico elemento che costituisce un pregio stilistico e ne rafforza la mole e l'aspetto è dato dalle lesene di ordine ionico, con trabeazione dello stesso stile che corre lungo tutto il paramento inferiore. Le lesene sono a fusto scalanato e si elevano a coppie: l'una a destra e l'altra a sinistra del portale. Nel paramento superiore della facciata, che poggia sulla trabeazione ionica, si apre un finestrone ad arco a tutto sesto su assi piedritti, molto luminoso; questo paramento è decorato con semplici riquadri. La facciata si conclude alla sommità con il frontone arcuato e sovrasta il finestrone e che all'interno corrisponde alla volta semicilindrica. La porta d'ingresso, riproduce a rilievo, sui due battenti, lo stemma dell'Arcivescovo Vitangelo Salvemini (1832-1854).


FACCIATA LATERALE VERSO SUD SULLA PIAZZA PAPA GIOVANNI XXIII


All'Arcivescovo Andrea Cesarano (1931-1969) devesi questa ponente facciata, progettata e diretta dal concittadino Prof. Aronne Del Vecchio che ha interpretato fedelmente il pensiero ispirato del Presule, il quale ha voluto con la suddetta opera esaltare il trionfo del Papa Giovanni XXIII che, Patriarca di Venezia, venne a Manfredonia nell'agosto 1955 per incoronare la Madonna di Siponto.
La facciata, il cui stile si differenzia da quello del Duomo, domina l'ampia piazza dedicata al Papa. Quella che esisteva è stata rivestita tutta di travertino e modificata con sovrastrutture che conferiscono al paramento l'importanza di una facciata principale, perfettamente simmetrica.
Al centro, sotto il loggiato centrale, rivestito di lastre di marmo di granito rosso di Svezia, troneggia, nella sua imponenza, il monumento di marmo bianco statuario del Papa Giovanni XXIII, in atto di benedicente preghiera, assiso su di un trono, opera del Prof, Lizzeri (Massa Carrara).
Al loggiato, così detto delle benedizioni, fanno da ali due corpi laterali, ciascuno di quattro campate, separate da lesene. Ogni campata è ravvisata in alto da una finestra circolare con semplice cornice. Al sommo della facciata, nel timpano, splende nella luce meridiana, l'artistico mosaico di circa trenta mq.: il Quadro della Madonna di Siponto in alto e genuflesse due immagini, una quella del Cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, Patriarca di Venezia, eletto tre anni dopo Sommo Pontefice Giovanni XXIII, nell'atto di offrire le auree corone per la Madonna ed il Bambino, l'altra quella dell'Arcivescovo Andrea Cesarano, con compunta devozione.
In una sintesi armoniosa, il mosaico esalta l'atto solenne dell'incoronazione che avvenne il 28 agosto 1955, con esultanza del popolo.
Alla sommità del complesso architettonico si ergono, custodi del tempio, le statue di Cristo Re, S. Pietro, S. Paolo, S. Andrea, S. Francesco da Paola, S. Rocco, S. Elia Profeta, S. Giorgio, S. Giovanni, S. Giovanni Battista, S. Lorenzo Maiorano, S. Cirillo Alessandrino; di questi, alcuni patroni di Manfredonia e Vieste, altri delle principali parrocchie.
Lungo la cornice del loggiato è incisa, a lettere d'oro, la seguente frase:
LA CORONA É D'ORO PURISSIMO COME IL CUORE DEI TUOI FIGLI CHE TE LA OFFRONO GIOVANNI XXIII.

Dodici anni dopo l'incoronazione, una grande lapide rievoca la celebrazione con la seguente epigrafe:

A GIOVANNI XXIII
CHE
CARD. PATRIARCA DI VENEZIA
XXVIII AGOSTO MOMLV
INCORONO' LA MADONNA DI SIPONTO
REGINA DI MANFREDONIA
-----------------
ARCIVESCOVO CLERO E POPOLO
DEDICARONO
XXVIII AGOSTO MCMLXVII


FACCIATA VERSO OVEST DI FRONTE AL CAMPANILE DELL'ORSINI

La facciata prospiciente sulla piazzetta ove si eleva il camopanile dell'Orsini, è molto semplice.
Rivestita di lastre di travertino, si orna in alto, sopra le due finestre, di due stemmi di Arcivescovi ed in basso, al centro, dello stemma del Papa Benedetto XIII.
Un marmo ricorda le solenni cerimonie svolte si nel maggio 1930 per commemorare il secondo centenario della morte del grande Papa Benedetto XIII, auspice l'Amministratore Apostolico di Manfredonia Mons. Alessandro Macchi, Vescovo di Andria.
Il marmo, murato a cura del Comune, riporta la seguente epigrafe:

A BENEDETTO XIII
CARD. ARCIVESCOVO SIPONTINO
AUTORITA' E POPOLO
NEL SECONDO CENTENARIO DELLA MORTE
1730 - 1930



L'INTERNO

Varcato il vestibolo, delimitato da due gruppi di colonne corinzie che sorreggono la cantoria ove è collocato l'organo, si accede nella grande unica navata che accoglie lateralmente cinque cappelle, di cui diremo in seguito.


LA NAVATA CENTRALE

E' coperta da una imponente volta semicilindrica lunettata che, interrotta dalla cupola, prosegue sull'abside. Essa ha le pareti ornate da sei coppie di lesene scanalate che si fronteggiano fra loro, con capitelli compositi e soprastante trabeazione che gira tutt'intorno alla chiesa.
Le lesene proseguono oltre la trabeazione, determinando i relativi costoloni, lungo l'intradosso della volta che si presenta decorata con stucchi bene armonizzati, i cui lavori ebbero inizio il 1843 ad opera dell'Arcivescovo Vitangelo Salvemini, (1832-1854) e si protrassero per oltre dieci anni a causa delle difficoltà finanziarie.
Lungo le pareti della navata si aprono sei arcate a destra ed altrettante a sinistra, di cui alcune danno accesso alle cappelle, altre sono murate offrendo spazio per gli altari, le nicchie, i dipinti.
A rompere la monotonia del bianco delle pareti sono state applicate delle Croci in ferro battuto, di forma greca, in armonia con le Croci marmoree dell'altare maggiore che sino al 1586 servì per il rito greco.

LA CUPOLA

La cupola, che si eleva su quattro pennacchi sferici secondo la tradizione rinascimentale, è sorretta da arcate che impostano sui fasci di pilastri molto decorati, di stile composito, pilastri che rendono evidente il concetto della robustezza delle masse che reggono la cupola. Questa è riccamente decorata da un cassettonato con rosoni, convergente verso il centro più alto ed esprime con la sua armonia l'ansia verso il Cielo. Si eleva dal pavimento del presbiterio di m.17,60 ed ha la circonferenza di m.30. Anche gli stucchi della cupola, al pari di quelli della volta, risalgono all'iniziativa dell'Arcivescovo Salvemini.


IL PRESBITERIO E L'ABSIDE

Nella proiezione della cupola si sviluppa l'area presbiterale al cui centro è collocato l'altare, di notevole fattura, di stile basilicale.
Ed infine l'abside, a pianta rettangolare, delimitata dal suo muro frontale, ave è addossato il coro finemente lavorato ad intaglio, con i suoi stalli di legno noce, opera dell'Arcivescovo Antonio Marullo (1643-1648).
A sinistra del presbiterio vi è un'aula ove sono custoditi, in grandi armadi, i paramenti e gli oggetti sacri di valore. Purtroppo, «il Tesoro» del Duomo, di cui parlano le antiche memorie, fu completamente depredato dai Turchi nel sacco del 1620.
A destra, si accede a due ampi locali intercomunicanti, adibiti a sacrestie: parrocchiale e capitolare. Nella prima vi sono due lapidi fatte collocare dal Capitolo Metropolitano con lunghe epigrafi a ricordo dei privilegi concessi al Capitolo stesso nel 1680 e poi nel 1724 dai sommi Pontefici. Vi sono, inoltre, due grandi quadri del 700, di cui l'uno rappresenta S. Lucia e l'altro la Madonna glorificata, con ai piedi immagini di Santi. Nella seconda, detta anche «dei pontificali», si conservano due lapidi più piccole fatte collocare dal Card. Orsini, in memoria degli Arcivescovi Paolo Teutonico e Antonio Marullo, suoi predecessori. Vi sono inoltre i ritratti ad olio degli Arcivescovi Sipontini dal Card. Orsini a Mons. Gagliardi.

LE CAPPELLE
Lungo la parete destra, entrando:

La cappella, (Tav. XIII) che prima era dedicata al Sacramento, oggi custodisce il vetusto Quadro della Madonna di Siponto, Patrona della Città, sommamente venerata dai Sipontini.
Il Quadro:
«E' il più prezioso cimelio d'arte religiosa che onora la devozione dei Sipontini, ieri ed oggi. Il dipinto, sul legno di cedro (m. 0,81x1,29), rappresenta la Vergine Maria, poco più del naturale, dalla cintola in su, col capo reclinato verso il Bambino, che sorregge col braccio sinistro e accompagna col destro. Lo sguardo materno però, anzichè assere rivolto al Divin Figlio, è verso i fedeli, ai quali Ella è del tutto intenta, onde rassicurarli della benedizione che Gesù Bambino impartisce con la destra, alla greca, mentre la sua sinistra poggiata su quella della Madre Maria, ne completa serenamente il gesto.
Il perfetto ovale della grande Madre di Dio, su cui spicca delicatamente la piccola bocca con i grandi occhi e il naso aquilino, tutte le sembianze fuse in una certa rigidezza classica di linea, la soavità dell'insieme, rivelano i caratteri della pittura bizantina e conquistano la devota ammirazione di chi lo contempla ... Gli studiosi sono unanimi nel datare il quadro verso la fine dell'anno 1000 ...
A cura del Capitolo Metropolitano che del sacro Quadro è, da secoli, geloso custode, esso venne restaurato due volte: nel 1927, a Roma nel laboratorio del Vaticano, ove il 28 dicembre fu benedetto da Papa Pio XI; nel 1964, il restauro venne eseguito a Manfredonia dal Prof. Aronne Del Vecchio.
. . . La festa di S. Maria Maggiore di Siponto, che è la più solenne di Manfredonia, fu definitivamente fissata sotto l'episcopato di Monsignor Taglialatela, il giorno 30 dello stesso mese di agosto.
Ritornando alla cappella, diremo che le pareti, nella parte inferiore, sono rivestite di marmo verde damascato e rosa Portogallo, e che è delimitata da una balaustrata di colonnine massicce di marmo giallo terra di Siena, collegate da un basamento ed una cimasa di marmo grigio di Carrara.
La cappella con la statua di S. Giuseppe, il cui altare è stato ridotto ed addossato al muro frontale per realizzare maggiore spazio per la cantoria. Essa è illuminata da una finestra tipica del barocco, dal perimetro rigonfio e lobato, lasciata nella sua forma originaria. Una porta consente l'accesso alla sacrestia.


Lungo la parete sinistra, entrando:

La cappella del Crocifisso e delle Reliquie, nella quale domina, sulla parete frontale, rivestita di lastre di marmo rosa Portogallo incorniciato con marmo verde damascato, un grande Crocifisso di legno. In due capaci armadi sono custodite le reliquie dei Santi che, nell'insieme sono quelle stesse che raccolse l'Arcivescovo Card. Vincenzo M. Orsini e di cui ci dà l'elenco nel suo Sinodo del 1678.
Proseguendo, di fronte alla cappella che custodisce il Sacro Quadro, si apre un vano con volta a crociera, nella cui parete frontale vi è l'ingresso secondario del Duomo, dalla piazza Giovanni XXIII.
Dal vano si accede a sinistra, a:
La cappella o sacello di S. Giustino (Tav. XIV) Primo Vescovo, secondo la tradizione di Siponto. Sulla parete frontale vi è un grande dipinto su tela, che riproduce l'immagine del Vescovo Santo, eseguita dal valoroso pittore Capobianco di Foggia (1903), per volontà dell'Arcivescovo Gagliardi. Sulle candide pareti spiccano quadri in bronzo della Via Crucis ed un Crocifisso a muro del Prof. Sanna (1974). Le ceneri dei due Arcivescovi Sipontini, Mons. Marcantonio De Marco, morto nel 1742 e Mons. Eustacchio Dentice, morto nel 1930, sono riposte all'ingresso della cappella, a sinistra: una lapide con iscrizione latina, ne tramanda la memoria.
Ritornando nel vano, si accede, a destra, alla scalinata che, di recente costruita, porta al loggiato delle benedizioni.
La cappella del Sacro Cuore, di fronte a quella di S. Giusepppe, con la relativa statua nella nicchia in alto. E' ora la Cappella del SS. Sacramento. L'altare di marmo sottostante è ben rifinito, e la sua alzata si completa, ai suoi estremi laterali, con due putti alati di marmo.


LE STATUE
In numero di sette collocate nelle relative nicchie, sono così distribuite:
Lungo la parete destra, entrando:
1) La statua di S. Paolo Apostolo;
2) La statua di S. Filippo Neri;
3) La statua di San Lorenzo Maiorano.
Lungo la parete sinistra, entrando:
4) La statua di S. Pietro Apostolo;
5) La Statua di S. Francesco da Paola;
6) La statua della Vergine Addolorata.
La devozione a S. Filippo Neri (+ 1595), venne diffusa a Manfredonia dal Cardinale V. Orsini e continuata poi da vari Arcivescovi Sipontini appartenenti alla Congregazione religiosa dell'Oratorio, fondata dal Santo.

LA PAVIMENTAZIONE

La pavimentazione della navata è tutta di marmo, parte in grigio di Carrara e parte in rosso di Francia, mentre quella del presbiterio e dell'abside è di cotto fiorentino (Lavori del 197331974).

La pavimentazione della navata si presenta suddivisa da quattro esili fasce longitudinali di rosso di Francia che determinano una zona centrale a scacchi rosso di Francia e grigio di Carrara, la quale si estende nel vestibolo, mentre le zone laterali sono in grigio di Carrara a lastroni sfalsati.
Nel bel mezzo della zona centrale risalta una croce greca in rosso di Francia, su campo grigio, ed a poca distanza da questa, verso l'ingresso secondario, spicca lo stemma dell'Arcivescovo Valentino Vailati (1970-1990), descritto nella pagina a Lui dedicata.
Nelle cinque cappelle la pavimentazione è in lastre rettanngolari sfalsate, di marmo arabescato rosso (1974).

I DIPINTI

I dipinti, a tempera, sono del valente pittore milanese Natale Penati eseguiti intorno al 1940-41. Alcuni, deteriorati dal l'umidità e dalla salsedine sono stati asportati. Sul ripristinato candore delle pareti e della volta spiccano i quadri non contaminati.
Sulle pareti, a destra entrando:
La conversione di S. Paolo, in alto, in prossimità della statua del Santo.
A sinistra entrando:
Gesù che conferisce il primato a S. Pietro, consegnandogli le simboliche Chiavi, in prossimità della statua del Santo.
Nella cappella del SS. Sacramento:
La Natività, a destra.
La Crocifissione e Morte di Gesù, a sinistra.
Sulle pareti del presbiterio e dell'abside:
L'Arrivo del Quadro di S. Maria di Siponto, accolto da S. Lorenzo Maiorano, (di fronte).
La visione dell'Arcangelo S. Michele avuta dall'Arcivescovo Giovanni Alfonso Puccinelli nel 1656, per le cui preghiere il Gargano fu preservato dalla peste che in quell'anno colpì tutto il Regno di Napoli (a destra).
L'incontro di S. Lorenzo Maiorano, che monta un cavallo bianco, con Totila, Re dei Goti, accampato nei pressi di Siponto, (a sinistra).

Nella volta della campata centrale:
S. Lorenzo Maiorano.
L'Assunzione di Maria Santissima.
L'Annunciazione.
Una corona di angeli in un rosone, sulla cantoria.

LA SIPONTINA

La vetusta statua della Madonna, detta «La Sipontina», traslata dalla cripta di S. Maria Maggiore di Siponto, è un «pregevole cimelio di legno scolpito, che rappresenta a grandezza quasi naturale, la Madonna col Bambino, seduta su una sedia con cuscino, probabile riattamento del vecchio trono, in perfetta posizione frontale. Sulle ginocchia, nel centro, è il Bambino, anch'esso bruno nel viso, che benedice con la destra all'uso greco e stringe con la sinistra il rotolo.
Anche i due nimbi risultano con le immagini sullo stesso asse. La statua ha delle note stilistiche particolari che la fanno assegnare al secolo V o all'inizio del VI».
E' stata restaurata dalla Soprintendenza di Bari, nel primo semestre del 1975.


SAN LORENZO MAIORANO

La statua di S. Lorenzo Maiorano, X Vescovo di Siponto, V secolo, che «domina nel culto e nella iconografia ecclesiastica e civile, rappresentato sempre in abiti pontificali, benedicente con il pastorale, su di un cavallo bianco. A lui è dedicata l'attuale chiesa cattedrale».
Secondo la tradizione, sarebbe «venuto da Costantinopoli nel 488, insieme con una delegazione sipontina che ne aveva premurata l'elezione presso l'Imperatore Zenone. Fu consacrato vescovo dal Papa S. Gelasio I e svolse il suo ministero in Siponto e nel resto della Daunia. Emerge la sua figura di Pastore e Padre delle anime, particolarmente per la diffusione del culto di S. Michele sul Gargano. Fu favorito dall'Arcangelo, che lo confortò di celesti benedizioni. Arrestò presso le mura di Siponto il Re Goto Totila, che rimase conquiso dal suo aspetto venerando. Morì verso il 545.
La sua festa si celebra il 7 febbraio, nella chiesa dell'Arcidiocesi di Manfredonia, di cui è il Patrono principale.
Lungo la parete sinistra, entrando:
L'artistica statua di Cristo flagellato in legno, notevole per il risalto anatomico.

Nei pennacchi sferici della cupola i quattro evangelisti:
S. Matteo;
S. Marco;
S. Luca;
S. Giovanni.

Sulla parete frontale dell'abside, di autore ignoto, un dipinto su tela del 700 napoletano, in alto, che rappresenta la Santissima Trinità. E così, dopo la visita al bel Duomo, usciamo sulla piazzetta ove svetta il campanile dell'Orsini.


IL CAMPANILE

Nel bel mezzo della piazzetta, ergesi, isolata e massiccia, a pianta quadrata, la torre campanaria,
opera del Card. Arc. Vincenzo M. Orsini (1675-1680), che «tolse il campanile, che era all'ingresso e lo rifece dalla parte opposta della chiesa».
E' di pietra calcarea lavorata che il tempo ha reso di colore giallo scuro.
I tre dadi:
Essa si presenta come una torre di fortezza, a tre dadi sovrapposti, di stile barocco. Il dado inferiore è chiuso per tre facce, e nella quarta si apre l'accesso alla scalinata che porta alla cella campanaria nel terzo dado superiore.
Il secondo dado si distacca dall'inferiore a mezzo di una cornice marcapiano, cornice che si ripete tra il secondo ed il terzo dado, ed alla sommità di quest'ultimo.
E mentre nel secondo dado le finestre monofore nelle quattro facce sono state completamente murate in epoca posteriore alla costruzione, nel terzo dado uguali finestre monofore, ad arco a tutto sesto, sono restate aperte per la cella campanaria.
Il tamburo, la cupoletta e la lanterna.
Sulla cella si eleva un tamburo che è un dado cubico, con gli spigoli smussati; sugli smussi si sviluppano quattro volute capovolte, tipiche del barocco.
Al disopra del tamburo si eleva una cupoletta, a pianta quadrata, che sorregge la lanterna, esile ed elegante, nella quale sono installate le campanelle segnatempo dell'orologio.
Su ciascuna facciata del campanile sporgono alle estremità due lesene che raggiungono in alto la finestra, sulla quale si collegano, formando così un riquadro lungo i fronti dell'intero campanile, e ciò allo scopo di alleggerire la struttura e creare un collegamento estetico fra i tre dadi.
Successivamente il Comune provvide ad installare a proprie spese, un orologio, i cui due quadranti sono applicati sulle opposte facce del tamburo. Questo campanile ha conservato lo stile barocco originario senza subire sostanziali modificazioni.
Si vuole che la tempesta del 7 febbraio 1686 abbia distrutto una grande statua di S. Lorenzo a cavallo, fatta collocare dallo stesso Orsini alla base del campanile.
Di esso e delle cinque campane che vi erano tratta il Marrera nell'istrumento del 13 dicembre 1677, notando che il campanile venne eretto dalle fondamenta per ordine ed a spese del Card. Orsini, sotto la direzione dell'Ingegnere Giacomo Manerba. «Il detto campanile è fatto in quadro largo 19 palmi, alto con tutta la sua cupola palmi 67, gradini nella parte di fuori numero tre, la porta di detto campanile è a dirittura della porta della sacrestia detta Christiana sopra della quale vi sta collocato un epitaffio sopra pietra gentile...
Sopra del quale epitaffio nel mezzo vi sta una croce parimenti di pietra, e dall'una e l'altra parte di essa, vi sono due leoni parimenti di pietra posti sopra un cornicione di pietra.
Tradotte in metri, le misure del campanile corrispondono: della pianta quadrata il lato è di m.5, e la sua altezza, compresa la cupoletta, è di m. 17,80.
La porta.
Una lastra di pietra calcarea, al sommo della porta, reca un'epigrafe in latino che, volta in italiano, suona così:

D.O.M.
ALLA SUA BEN ADORNA SPOSA
AFFINCHE' NON MANCASSE LO SPIRITO AL BEL CORPO
AFFINCHE' LA VOCE RISUONASSE ALLE SUE ORECCHIE
QUESTA TORRE FORNITA DI CINQUE SACRE CAMPANE
IN ONORE DI S. CARLO BORROMEO MODELLO DEI PRESULI PORPORATI
DALLE FONDAMENTA DONO'
FRATE VINCENZO MARIA ORSINI ROMANO
DELL'ORDINE DEI PREDICATORI
CARDINALE PRESBITERIO DI SANTA ROMANA CHIESA
COL TITOLO DI S. SISTO
ARCIVESCOVO SIPONTINO
NELL'ANNO 1677 - ANNO III DEL SUO ARCIVESCOVADO


Al disotto leggesi il seguente distico:

CHIAMO ALLE ARMI, CONSACRO I GIORNI, REGISTRO LE ORE
ALLONTANO LE NUBI, CANTO AVVENIMENTI LIETI, PIANGO I MORTI.

Il campanile fu benedetto dal Card. Orsini il 13 dicembre 1677.
I due leoncini in alto, di carattere medioevale, su mensole pure di pietra, si può supporre che siano stati prelevati da un portale di costruzione romanica o gotica, e sembra che stiano lì a guardia della lapide e della porticina d'ingresso.
Le campane.
Delle cinque campane riportiamo le seguenti notizie:
La prima fu collocata nel finestrone che guarda la via Campanile verso il mare, «in direzione della porta del Boccolicchio», è alta cinque palmi e pesa dodici cantari. Fu eseguita nel 1646, durante l'Arcivescovado di Antonio Marullo (1643-1648), Marchese di Condagusta in Sicilia, sotto il sindacato di Pietro Rossi e compagni eletti. Fu benedetta dallo stesso Arcivescovo. Su di essa vi sono scolpite le effigie di Nostro Signore, dell'Immacolata Concezione, lo stemma dell'Arcivescovo Marullo e lo stemma della nostra Città. Si sa che tale campana fu fusa dal valente artefice napoletano Onofrio Giordano e per la spesa vi contribuirono l'erario pubblico con soli duecento ducati e le principali famiglie della città che offrirono per devozione molti pezzi di argento che usati nella fusione resero la campana di una mirabile sonorità. Essa è ricca di diverse iscrizioni in latino.
La seconda campana fu collocata nel finestrone che guarda la via Tribuna, è alta palmi 4 1/4 e pesa 8 cantari circa. Fu eseguita dal maestro Domenico Giordani napoletano, durante l'Arcivescovado di Benedetto Cappelletti, (1659-1675), che la benedisse; su di essa vi sono scolpite le effigie del Crocifisso, della Beata Vergine, lo stemma della città e varie iscrizioni.
La terza campana fu collocata nel finestrone di fronte alla porta d'ingresso della sacrestia, è alta palmi 3½ e pesa rotoli 210. Nella parte superiore sono scolpiti in latino i nomi di: Bartolomeo e Matteo. Fu benedetta dall'Arcivescovo Annibale Ginnasio (1607-1622).
La quarta campana fu collocata nel finestrone «che guarda il vecchio e diruto seminario», è alta palmi 3 e pesa rotoli 190. Nella sua parte superiore e inferiore sono scolpite alcune parole.
Fu solennemente benedetta davanti l'atrio della porta maggiore della Cattedrale, in onore dei santi Giacomo e Nicola, dall'Arcivescovo Orsini il 21 novembre 1677.
Si ignora la sorte della quinta campana «che fu collocata nel mezzo del campanile» e che più non esiste, la quale era alta due palmi e pesava rotoli 106. Venne fusa nel 1642 e nella parte superiore erano scolpite le seguenti parole: «Opera di Domenico Ciotus Veneto - 1642». Nel mezzo di essa erano scolpite le immagini del Crocifisso, della Vergine Maria, di S. Giovanni Battista e di S. Giorgio. Fu solennemente benedetta nel sacello del Duomo, in onore dei gloriosi S. Carlo Borromeo e Filippo Neri, dal Cardinale Orsini il 30 novembre 1677, festa del glorioso Apostolo S. Andrea.
Di ciascuna campana, l'altezza ed il peso, tradotti rispettivamente in metri ed in chilogrammi, sono i seguenti:
della prima: altezza m.1,32 - peso Kg.952 - fusa nel 1646;
della seconda: altezza m.1,12 - peso Kg.635 - fusa nel 1668;
della terza: altezza m.0,93 - peso Kg.187 - fusa nel periodo 1607 – 1622;
della quarta: altezza m.0,79 - peso Kg.169 - fusa nel 1677;
della quinta: altezza m.0,53 - peso Kg.94 - fusa nel 1642.
Quindi, delle cinque campane del campanile dell'Orsini, quattro dovevano appartenere al precedente, che formava «un unico corpo col Duomo», avendo queste una data di fusione anteriore alla costruzione del campanile dell'Orsini. La quarta campana del 1677 è dell'Orsini. La più piccola è dell'anno 1750 e reca l'invocazione: «Ave Maria Gratia Plena - Anno MDCCL», ed altra campana porta la data del 1796. Quindi, delle attuali quattro campane è da ritenere che due delle preesistenti siano state sostituite da queste due ultime.


LA PIAZZA

L'ampia piazza, dedicata a Papa Giovanni XXIII, che si dispiega davanti alla facciata del Duomo, è stata dal Comune opportunamente sistemata.
Nella pavimentazione, in cubetti di porfido di colore scuro, spiccano quattro fascioni di lastre calcaree bianche che, partendo dal monumento al Papa, si irradiano verso i bordi dei marciapiedi delimitanti la piazzo...
Ciascun fascione si conclude all'estremità con un disegno a forma stellare, nel cui centro si eleva, da un basamento di pietra calcarea lavorata, un alto fusto, metallico che regge alla sua sommità quattro artistiche fiamme. Nella piazza, che integra la facciata ed il monumento, ci inonda la luce meridiana e ci rapisce il suono gioioso di una delle quattro campane; le rondini, roteando tra il campanile e la piazza, garriscono festose; e tutto ci inebria e ci fa elevare gli occhi al cielo in atto di ringraziamento al Sommo Dio per tanto miracolo di creazione e tripudio di luce.

BIBLIOGRAFIA

MICHELE BELLUCCI - manoscritti inediti.
SILVESTRO MASTROBUONI - Ai margini della Storia Sipontina - Fascicolo III - Cronotassi e Blasonario dei Vescovi ed Arcivescovi Sipontini - Libreria Editrice Fallarino - Benevento - 1943.
LUIGI PASCALE - L'Antica e la Nuova Siponto - Firenze - Tipografia 1. Conti - Rifredi - 1932.
POMPEO SARNELLI - Cronologia dei Vescovi ed Arcivescovi Sipontini Manfredonia - Stamperia Arcivescovile - 1680.
MATTEO SPINELLI - (dattiloscritti) - Memorie storiche dell'Antica e Moderna Siponto - Vol. IV - V - VI.
Mons. VALENTINO VAILATI - Arcivescovo di Manfredonia - L'Arcidiocesi di Manfredonia e la Diocesi di Vieste - Guida storica a cura dell'Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo - Manfredonia - 1975.
P. GIUSEPPE B. VIGNATO O. P. - Storia di Benedetto XlII dei Frati Predicatori - Pontificia Editrice Arcivescovile - Milano - VoI. II - Da Manfredonia a Roma - 1952.
Manfredonia - Archivio Capitolare - Libro delle erezioni e doti degli altari della Metropolitana Sipontina (1676-1680).

Parrocchia San Lorenzo Maiorano in Cattedrale - Via Campanile 66 Manfredonia Tel.0884532633 «Diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo»
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