Parrocchia San Lorenzo Maiorano in Cattedrale - Manfredonia
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IL DECALOGO DEL LETTORE DELLA PAROLA DI DIO

Proviamo a riassumere, a modo di vademecum, una serie di suggerimenti elementari che potrebbero aiutare il lettore nel suo iter di preparazione remota e prossima.

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Ogni domenica - talvolta anche ogni giorno - i cristiani si radunano «in chiesa», vale a dire «come Chiesa», al fine di accostarsi alla mensa della Parola e alla mensa del Pane di vita. Limitandoci in questa sede alla prima mensa, dobbiamo riconoscere che il ministro chiamato a imbandirla è eminentemente il lettore. Ora, imbandire la mensa della Parola significa porgere ai convitati quel nutrimento buono e sostanzioso che è la Parola che esce dalla bocca di Dio. Da ciò consegue che non è possibile convocare l'assemblea se le portate di questo cibo spirituale non sono state confezionate a dovere e presentate come si conviene; fuor di metafora: se la proclamazione da parte del lettore lascia a desiderare. Un tale comportamento suonerebbe doppiamente disprezzo: per Dio che parla e per l'assemblea che si è radunata proprio per ascoltarlo.

2
Per leggere in chiesa, davanti a un'assemblea, non è sufficiente avere dimestichezza con la parola scritta. La proclamazione sacrale rappresenta un genere proprio, che si distingue tanto dalla lettura privata quanto dalla declamazione che potrebbe fare uno speaker radiofonico o un attore teatrale. Tale compito esige una prolungata formazione spirituale e un'accurata preparazione tecnica, né può essere preso alla leggera. Ogni volta che il lettore si appresta a leggere in chiesa, dovrà preparare accuratamente la lettura sul Lezionario stesso.

3
Per proclamare la Parola di Dio in chiesa bisogna scandire, con voce chiara, tutte le sillabe, esercitandosi a pronunciare in modo corretto e ad alta voce i nomi antichi e tutti i termini che esulano dal linguaggio quotidiano. Non di rado vi sono lettori che, mentre leggono, biascicano e mangiano sistematicamente le sillabe finali. Se a lettura terminata essi sono sazi, l'assemblea si ritrova ancora a digiuno, perché è nulla o ben poco quello che ha compreso.

4
Per proclamare la Parola di Dio in chiesa occorre rispettare scrupolosamente i segni di interpunzione. Il punto fermo indica una pausa lunga, che deve essere assolutamente fatta; il punto e virgola o i due punti segnalano che la pausa deve essere di una discreta lunghezza; la virgola, paragonabile a un respiro, indica una pausa breve. Se proclamare il Vangelo o altri testi narrativi è relativamente facile, invece proclamare le letture dei profeti e soprattutto di san Paolo è difficilissimo. Per questo è di somma importanza che il lettore si preoccupi di familiarizzare l'occhio con la disposizione grafica del Lezionario.

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Per sottolineare lo stacco tra il rito introduttivo e la liturgia della Parola, il lettore dovrebbe recarsi all'ambone solo dopo che si è conclusa l'orazione colletta. Siccome anche l'andare all'ambone è un segno liturgico, il lettore eviti di andarvi per vie traverse o di servizio, quasi alla chetichella, rasentando i muri. Poiché in questo momento il segno sacrale per eccellenza e il centro della celebrazione è l'ambone, il lettore vi si potrà recare direttamente, procedendo in maniera degna, omettendo eventualmente la genuflessione al tabernacolo e l'inchino al presidente. Infatti, in questo momento, tutto e tutti sono protesi all'ambone. Quanto al tabernacolo, sappiamo che esso viene onorato con la genuflessione all'inizio e al termine della liturgia.

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La lettura dev'essere annunciata tramite la titolatura consueta (ad es.: «Dal libro della Genesi»), senza aggiungervi la numerazione di capitoli e versetti. Oltre a non essere prevista, questa non è di utilità alcuna, dal momento che la trasmissione della fede dipende dall'ascolto (cf «fides ex auditu» di Rm 10,17), né i fedeli sono tenuti a controllare su una copia personale della Bibbia la proclamazione ad opera del lettore. Soprattutto si dovranno evitare le pre-titolature insulse, cioè «Prima lettura» o «Seconda lettura», che il curatore del Lezionario ha ritenuto opportuno premettere alle relative pericopi. Si tratta di rubriche, vale a dire di titoli in rosso, che il lettore dovrà limitarsi a leggere con gli occhi, senza tuttavia pronunciarli.

7
Dopo aver enunciato la titolatura nella forma tradizionale, il lettore stabilisce un primo contatto visivo con l'assemblea. Ma, per tutto il tempo della lettura, dovrà fissare lo sguardo al testo che sta leggendo. Levare gli occhi al termine di ogni frase per guardare l'assemblea, oltre a fargli perdere il segno in rapporto a ciò che sta leggendo, denota un atteggiamento possessivo nei confronti di una Parola che non gli appartiene, quasi a richiedere l'assenso dell'assemblea su ciò che sta dicendo. Mentre il contatto visivo con l'assemblea è normale per l'omileta, che espone il suo personale commento, esso non si addice al lettore durante la proclamazione della Parola. Solo al termine della lettura il lettore guarderà nuovamente l'assemblea e, dopo una breve pausa, concluderà dicendo: «Parola del Signore».

8
Chi volesse premettere alle letture monizioni pertinenti, si ricordi che esse «devono essere semplici, fedeli al testo, brevi, ben preparate e variamente intonate al testo che introducono» (Ordinamento delle letture nella Messa, 15). Tali monizioni dovranno essere affidate al commentatore, cioè a una voce diversa da quella del lettore, per evitare che i fedeli confondano ciò che è parola umana con la Parola di Dio. Aggiungiamo ancora che queste eventuali monizioni non andrebbero incoraggiate, perché rischiano di polarizzare su di sé quell'attenzione che invece deve convergere tutta quanta sulla Parola che sta per essere proclamata.- Nelle ultime disposizioni diocesane si consiglia invece di intervenire con monizioni esplicative prima di letture particolarmente complesse e qualora ci sia un animatore adatto che se ne faccia carico.

9
Qualora non sia possibile eseguire il Salmo responsoriale con il canto, conviene che sia letto da una persona diversa dal lettore, per aiutare l'assemblea a distinguerlo dalle letture. Infatti, pur essendo tratto dalla Sacra Scrittura, il Salmo responsoriale non interviene formalmente come Parola di Dio. Esso è un salmo, cioè un canto di meditazione, nel senso cioè che «favorisce la meditazione della Parola di Dio» (OGMR 61).

10
Si ricordi il lettore che il tempo impiegato nel preparare la lettura è per lui un tempo di grazia. Esso è affine alla «ruminazione» che il profeta Ezechiele e il veggente dell'Apocalisse furono chiamati a fare di quella Parola, che nella loro bocca fu «dolce come il miele» (cf Ez 3,3; Ap 10,9). Siccome prestare la propria bocca a Dio Padre è privilegio grande, il lettore è tenuto a fare il possibile e l'impossibile, perché il prestito sia degno di colui cui la Parola appartiene.


COLLEGIO DEI LETTORI

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AGGIORNAMENTO
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